Articolo di Piersandro Vanzan
Nennolina nasce in una famiglia di solidi principi morali e religiosi, dove si recita il Rosario ogni giorno. E’ una bambina molto vispa, sempre allegra, che ama cantare. Un giorno cade sbattendo il ginocchio su un sasso. Ma il dolore sembra non voler passare. I medici, che inizialmente non capiscono la natura del suo male, alla fine le diagnosticano un “osteosarcoma”, un tumore alle ossa. Le viene quindi amputata la gamba. Nennolina, che ha poco più di cinque anni, mette allora una pesante protesi ortopedica; comincia la salita al calvario, ma la vivacità è quella di sempre…
Il 17 dicembre 2007 il Santo Padre, Benedetto XVI, ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto sulle virtù eroiche di Antonietta Meo, così la piccola è stata dichiarata “Venerabile”. Potrebbe presto diventare la più giovane beata non martire nella storia della Chiesa, è infatti già allo studio una presunta guarigione miracolosa, segnalata negli Stati Uniti.
Il suo corpo, dal 5 luglio del 1999, riposa in una piccola cappella adiacente a quella dove si conservano le reliquie della Passione di Gesù, all’interno della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
Quella di Nennolina è una storia dolorosa, un’apparente storia ordinaria di quel vasto mondo dell’infanzia sofferente, ma è anche una storia rischiarata da una luce straordinaria, che illumina chi vi si accosta, introducendo al senso di quel grande mistero della vita che è il “dolore innocente”…
Antonietta Meo, detta Nennolina: una mistica di sei anni
[…] Tra i piccoli grandi santi vogliamo ricordare Antonietta Meo (Roma, 1 dicembre 1930 – 5 luglio 1937) detta Nennolina perché, come scrive la mamma nel diario, “Antonietta sembrava troppo lungo. Allora pensammo di chiamarla con un diminutivo e dopo diversi pareri decidemmo per Nenne. Di qui poi il vezzeggiativo Nennolina”. […]
Battezzata nella festa dei Santi Innocenti in Santa Croce di Gerusalemme, chiesa parrocchiale della famiglia, mai data e luogo furono più carichi di significato alla luce di quanto successe poi a questa bimba. Una vicenda profondamente segnata dalla croce di Cristo, abbracciata nella gioiosa convinzione dell’adimpleo paolino – “Completo in me quanto manca alle sofferenze di Cristo” (Col 1,24) – e costellata di fatti straordinari, generalmente riferiti nelle letterine che Antonietta dettò alla mamma. I contenuti di queste letterine, uniti ai fatti straordinari che vedremo più avanti, rivelano, secondo gli specialisti, un’autentica tipologia di esperienza mistica. Tanto più singolare in quanto Antonietta è una bimba normalissima: a 3 anni frequenta l’asilo delle suore, a 5 iscritta nelle “piccolissime” della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, a 6 inizia la prima elementare dalle stesse religiose e diventa “beniamina” della Gioventù Femminile. Ma già nell’aprile 1936 un osteosarcoma richiede l’amputazione della gamba sinistra e così inizia la sua dolorosissima via crucis, ma anche la sua ineffabile esperienza di Dio.
Nel settembre 1936 va in prima elementare con una protesi che le dà molto fastidio, come dice a Gesù: “Ogni passo che faccio sia una parolina d’amore” (26 marzo 1937). Pure allacciargliela era difficile, perché non stava mai ferma, e Caterina, la domestica, ricorda che una volta le disse: “Tu vuoi sempre giocare e io non ho tempo da perdere; non ti metto più l’apparecchio”. Nennolina allora tutta seria rispose: “Sii buona; starò ferma […] Io lo porto per amor di Gesù e tu mettimelo per amore di Gesù”. Infine, sconcertante per noi è leggere che il 25 aprile, anniversario dell’amputazione, lo volle celebrare con una novena alla Madonna di Pompei, perché le aveva ottenuto la grazia di offrire la sua gamba a Gesù, e con “un gran pranzo e aprire la bottiglia per fare il brindisi”.
Colpiti da quelle letterine e dalla maturità spirituale di Nennolina, preti e amici consigliarono la famiglia di anticipare la Prima Comunione alla notte di Natale 1936, nella cappella delle religiose sue insegnanti. Il 19 maggio 1937 ricevette pure la Cresima, alla quale è legata non solo un’impressionante, nuova conoscenza esperienziale dello Spirito Santo, ma anche la sua eccezionale insistenza nel chiedere i Sette doni. Era ormai la vigilia degli ultimi tremendi 40 giorni, e quello della fortezza si manifestò come il dono più vistoso. L’amputazione della gamba, purtroppo, non aveva fermato il tumore che, a metà giugno, si rivelò con metastasi al capo, a una mano e al piede, cistite, mughetto alla bocca e alla gola. Lancinanti i mali e ancor più le terapie: puntura esplorativa al polmone sinistro, estrazione di liquido dallo stesso, resezione di tre costole effettuata con semplice anestesia locale, data l’insufficienza cardiaca.
In breve, nella vicenda di Antonietta si coniuga l’irruzione di una Grazia “tremenda e fascinosa” con una risposta generosa al massimo, e si rivelano così le meraviglie che il Dio e Padre di Gesù Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, ama compiere sia nei “piccoli” come Maria (cfr. Magnificat), sia in quelli la cui età viene considerata immatura e nella quale invece si confermano le parole di Gesù: “Ti ringrazio, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Me 11,25). Insomma, quello che sconcerta psicologi veterofreudiani o teologi iperscolastici è che Dio arricchisca di grazie speciali anche una Nennolina e che, senza forzarne la natura ma perfezionandola con la Grazia, realizzi in lei tanto una squisita finezza nelle cose dello Spirito quanto una eroicità nel patire-offrire che difficilmente si trova in persone di età matura e dopo un lungo cammino di fede.
Coefficienti umani nell’evoluzione soprannaturale di Nennolina
Per valutare adeguatamente le meraviglie che Dio ha operato in questa bimba – e non restare sconcertati dalla via crucis percorsa nel cammino verso il Padre -, giova ricordare i fattori umani che ne accelerano la crescita spirituale e mistica: la famiglia, la parrocchia, l’associazionismo – nella fattispecie la Gioventù Femminile – e la scuola cattolica. Da questi ambiti la bimba ricavò linfe spirituali e apostoliche, tipiche nella teologia e pastorale degli anni trenta, che lei però ha sintetizzato in modo originale, tanto a livello del vissuto, quanto nella traduzione orante di esso. Volendo concentrarci di più sulla famiglia, alla parrocchia, alla scuola e all’associazionismo riserviamo poche cenni, sufficienti tuttavia per cogliere l’ottima sinergia esistente tra queste agenzie educative.
Circa i sacerdoti, ricordiamo l’incontro di Nennolina con p. B. Orlandi (12 settembre 1936) – decisivo ai fini della Prima Comunione – e l’importanza del suo confessore, mons. Dottarelli (già famoso per il ruolo avuto nell’ordinazione sacerdotale di G. De Luca).
Nennolina domandava spesso a Gesù di farle trovare un buon confessore, perché “vorrei farmi santa” (8 novembre e 21 dicembre 1936). Poi, trovatolo, raccomanda continuamente a Gesù “di fargli tutte le grazie necessarie” (2 giugno 1937). Di fatto, nei processi canonici vediamo quanto tatto mons. Dottarelli usò con Antonietta, non solo durante la via crucis – insegnandole a soffrire e offrire -, ma anche nel discernere le grazie straordinarie dell’ultimo periodo e nel raccomandarle di far silenzio con tutti.
Per quanto riguarda l’associazionismo – mamma e papà ne davano continui esempi – i biografi sottolineano l’entusiasmo di Nennolina per ogni iniziativa, medaglia o pagellina della Gioventù Femminile, mentre per l’influsso delle suore, oltre alla gioia di Antonietta nel frequentare la scuola e il catechismo – lo dice ripetutamente a Gesù: “Ci vado volentieri, perché si imparano tante belle cose di Te e dei tuoi Santi” -, trapela spesso un evidente fascino imitativo, come quando scrive: “Voglio farmi suora, per essere la tua sposa, caro Gesù, e salvare molte anime” (5 e 21 dicembre 1936). Infine, nelle varie testimonianze raccolte al processo, le suore ricordano una caratteristica, anche un po’ spettacolare, di Nennolina: chiedeva perdono, mettendosi in ginocchio e baciando la mano di chi la perdonava.
Ma veniamo al fattore principale, la famiglia. Come quasi sempre accade – lo ricordava anche il Papa nella sua Lettera ai bambini -, la santità di Nennolina attecchisce nel buon terreno di una famiglia romana degli anni trenta, in cui regna un’atmosfera di serenità amorosa e di profonda fede. E’ una famiglia che gode un certo benessere (il papà lavora alla Presidenza del Consiglio), tanto da permettersi una “ragazza alla pari” (dal 1933, Caterina: 17 anni di Colfiorito). Religiosissimi, i Meo non solo pregano molto – nei vari momenti del giorno e a sera recitando, tutti assieme, il Rosario -, ma sono anche caritatevoli verso i poveri, sicché non meraviglia il contagio riportatone da Nennolina. Ricorda la mamma che, quando incontrava un povero, “voleva un soldino bianco [di nichel] e glielo porgeva con tanta grazia: i suoi occhi sfavillavano di gioia alle benedizioni del beneficato. A casa, era sempre lei che voleva porgere l’elemosina ai poveri che venivano a bussare”.
Eppure questa famiglia tanto buona e religiosa conosce molto presto il dolore: due figli muoiono prematuramente e, quando nasce, Antonietta troverà soltanto Margherita, la sorellina di otto anni. Emblematicamente sul comodino del papà c’è sempre il libro della passione e morte di Gesù. Sono meditazioni che Nennolina si fa leggere e da cui impara questa massima: “Il dolore è come la stoffa, più è forte più vale!”. Insomma, da subito Nennolina respirò un forte, tenero amore verso Dio e il prossimo, senza tuttavia rimuovere la croce, per cui la sua natura intelligente e pronta ha sentito – in famiglia e poi a scuola, in parrocchia e nell’associazionismo – non solo parlare di Gesù, di Maria, della Chiesa, del Papa, delle missioni, dell’Azione Cattolica e, in genere, delle varie attività ecclesiali, ma ha imparato anche quella prudenza e dolcezza che, insieme alla fermezza, sono necessarie per favorire l’opera dello Spirito, ossia “la Grazia a caro prezzo”.
Caratteristiche spirituali e mistiche di Nennolina.
Tra le caratteristiche, spirituali e mistiche, individuabili nella brevissima vita di Antonietta e che la sostennero nella dolorosa via crucis, percorsa con forza oblativa e addirittura gioiosa [come testimonia il dott. Vecchi, medico di famiglia, “sopportò l’intervento chirurgico e la diminuzione fisica che ne seguì, con non comune fortezza e letizia, mantenendo il suo carattere giulivo”], va ricordata sia la composita dimensione apostolica – fatta di preghiere e sofferenze riparatrici, come aveva insegnato Pio XI, immedesimandosi al Crocifisso -, sia la dolce relazione con le singole Persone divine e la Trinità nel suo insieme, da cui è venuto a Nennolina il sostegno di luce e forza umanamente incalcolabile che, specie nell’ultimo periodo, conobbe estasi, visioni e altri fatti straordinari.
Il primo aspetto – reso bene in varie letterine, specialmente quando si avvicinava il momento della Prima Comunione (18, 21 e 23 settembre 1936) – consiste in uno scambio d’amore, così formulato: “Caro Gesù, dammi anime, io ti do il cuore”. Ma Antonietta non dimentica il plusvalore della sofferenza, come aveva imparato frequentando le “beniamine”, lasciandoci però sconcertati quando dice al confessore: “Mi corico sulla ferita, perché in quel momento posso offrire più dolore a Gesù”, o quando spiega a una religiosa, meravigliata perché era coricata sulla ferita, “così posso soffrire di più e offrire di più al Signore per i peccatori”. Il 29 giugno, cinque giorni prima della morte, confida al papà: “Durante il giorno alle volte mi faccio mettere sulla ferita e vi premo sopra per sentire più dolore e offrirlo a Gesù”. Realizzava così il suo ardente desiderio: stare sul Calvario, con Gesù e Maria.
Circa poi il suo originalissimo rapporto col Padre, il Figlio – pregato come bambino, adulto, flagellato, crocifisso, risorto, eucaristico, ma anche visto intimamente unito a Maria – e lo Spirito Santo, basta qualche passo delle ultime letterine: “Caro Dio Padre, che bel nome: Padre! […]. Caro Dio Padre, io voglio fare tanti sacrifici per riparare i peccati […]. Caro Dio Padre, perdona a tanti peccatori e fa che pentiti vengano in Paradiso a glorificare la SS. Trinità. […] Caro Gesù, io non posso venire a riceverti sacramentalmente tutti i giorni, ma tu vieni almeno spiritualmente. […] Caro Gesù, io voglio stare sempre sul Calvario, sotto la tua Croce, e anche voglio essere la tua lampada che arde giorno e notte davanti al SS. Sacramento dell’altare. […] Caro Spirito Santo, tu sei l’amore che unisce il Padre al Figlio, santifica il mio corpo e la mia anima e fammi venire presto presto in Paradiso. […] Cara SS. Trinità, benedici la Chiesa, il Papa, il Clero, la mia famiglia e tutto il mondo. Saluti e baci dalla tua Antonietta di Gesù” (4 febbraio 1937). E due giorni dopo: “Carissima SS. Trinità […]. Caro Dio Padre! Io ti voglio tanto tanto ma proprio tanto bene! Caro Dio Padre, salva molte anime […]. Caro Dio Padre! Mi ha detto mamma che domani si riunisce della gente e si vogliono chiamare “senza Dio”. Che brutto nome! Dio c’è anche per quelli che non lo vogliono. Ma tu falli convertire e mandagli la tua Grazia. […] Caro Gesù! Io domani farò la Comunione in riparazione dei peccati di quegli uomini che si vogliono chiamare “senza Dio”. […] Caro Spirito Santo! Benedicimi e illumina il mio corpo e la mia anima e fa che diventi sempre più buona. […] Carissima SS. Trinità, io vi saluto e vi adoro e vi manda tanti baci la vostra Antonietta di Gesù”.
Una parola infine sui fenomeni mistici, o comunque straordinari, registrati nella vita di Antonietta. È noto quanto la Chiesa sia guardinga in proposito, temendo non solo l’autosuggestione – particolarmente forte nei bimbi -, ma anche l’illusione diabolica. Perciò le meticolose indagini canoniche sulle visioni di Bernardetta a Lourdes, e dei tre pastorelli a Fatima. Ma tutta questa prudenza non significa escludere che Dio possa operare meraviglie quando vuole e anche nei bambini. Sarà la Congregazione per le cause dei santi a dirimere la questione riguardante le estasi (accertate quattro), le visioni (almeno sette) e gli altri fatti straordinari. Limitandoci a questi ultimi due fenomeni, la mamma riferisce che, nel gennaio 1937, Antonietta era a letto per un attacco di tonsillite e a un tratto le disse: “Mamma, io delle volte vedo Gesù !”. La mamma domandò come lo vedesse e Nennolina: “Lo vedo confitto in croce”. Fingendo indifferenza le disse: “Via cara! È la tua fantasia”, ma Antonietta: “No, mamma: lo vedo bene. Qualche volta Gesù mi guarda, altre volte abbassa gli occhi o li chiude”. E spiegò che vedeva anche la Madonna e, talvolta, l’apostolo Giovanni e la Maddalena. La mamma obiettò: “Sono i tuoi occhi; tu pensi a Gesù e così lo vedi”, ma Antonietta: “No, mamma, lo vedo vivo, di carne […] come vedo te”. Una domenica poi, è sempre la mamma che racconta, terminata la Messa parrocchiale e uscendo da Santa Croce in Gerusalemme, Nennolina «si fermò a contemplare il Crocifisso situato al lato destro di chi esce. Lasciai fare, ma poi domandai se era così il Gesù che vedeva. Rispose: “No! […] Quello che vedo io non ha i piedi inchiodati uno sopra l’altro, ma vicino” e, accostando le manine, cercava di spiegarmi il modo con cui erano confitti sulla Croce». (Né vanno sottovalutate queste due conferme. La mamma, incredula, più di una volta le chiese di sottoporre a Gesù qualche scelta da compiere; ne ebbe chiara e pronta risposta; non volle tenerne conto, ma pagò le conseguenze di aver fatto la scelta opposta a quella che le era stata indicata. L’altra verifica è fondata sull’assennatezza e istintiva veridicità di Antonietta, che rifuggiva anche dalle bugie per gioco. Ebbene, come riferisce la mamma, dieci giorni prima della fine, vedendo il marito tanto angosciato e volendo consolarlo «gli dissi che Antionietta vedeva Gesù e gli raccontai qualcosa. Non mi ero sbagliata: ne provò una vera consolazione. Dopo, gli dissi: “Vieni, te lo farò dire da lei”. Ci avvicinammo al suo lettino e, un po’ timorosa di aver rivelato quel segreto, dissi: “Antonietta, ho detto a papà che tu vedi Gesù. Papà vuol sapere da te se è vero”. La piccola mi guardò; poi rivolta al babbo: “Sì, papà; però non lo dire a nessuno”». Ma più tardi disse severa: «Mamma, tu parli troppo». Anche in questo obbediva fedelmente al suo confessore, mons. Dottarelli, che le aveva raccomandato di mantenere il segreto con tutti).
Circa gli altri fatti straordinari, limitiamoci a questi due. Uno riguarda la predizione esatta della sua morte, come racconta la mamma: «Dopo la resezione delle tre costole il Dr. Vecchi, medico di famiglia, visitò Antonietta in clinica e mostrò di sperare ancora. Uscito, sedetti vicino a Nennolina e le dissi: Sai? Il dottore ci assicura che guarirai; ormai il peggio è passato; dopo andremo al mare. […] Ora resta da vedere quanti giorni dovrai stare in clinica. La piccola, con gli occhi fissi nel vuoto, pensò un istante e poi disse: “Vi resterò 10 giorni meno qualcosa”. Quando morì mancavano 11 ore ai 10 giorni». L’altro fatto straordinario accadde nel dicembre 1938: il papà volle che la gamba, amputata 31 mesi prima e sepolta al Verano, fosse ricongiunta alla salma. L’arto venne trovato intatto e, rinchiuso in una cassettina, fu posto vicino alla bara di Nennolina, che ora si trova in Santa Croce in Gerusalemme ed è mèta di numerosi pellegrinaggi.
Infine, anche Nennolina sperimentò la mistica “notte dello spirito”: Gesù non si faceva più vedere. Se ne lamentava con la mamma che, nel diario, osserva giustamente: “Quindi, non le bastava pensarci per vederlo”. Il 9 aprile 1937 dettò questa letterina: “Caro Gesù, desidero tanto di vederti […] e vorrei che tutti potessero vederti. Allora sì che ti vorrebbero più bene!”. Il 25 dello stesso mese, anniversario dell’amputazione della gamba, si lamenta con Gesù perché “sono diversi giorni che non ti vedo più! Ma, tu, fatti vedere ancora perché ti amo tanto; e oggi proprio vorrei vederti”. Di fatto lo rivide ai primi di maggio (come racconta la mamma, appena tornata da scuola Nennolina le disse: «”Oggi l’ho veduto!” Come distratta le domandai: Chi! “Gesù!” Dove? “Nella chiesa delle le suore, quando sono andata, come al solito, a fare una visitina”. Dove stava? “Sulla predella dell’altare”. Come? “Sulla Croce”. Ricordandomi della proibizione di mons. Dottarelli, e pensando di avervi già mancato, rimasi muta») e poi il venerdì 2 luglio. Era gravissima e la mamma ricorda che al mattino, «quando andai in clinica, benché non dicesse ormai più nulla, non potei trattenermi dal domandarle da quanto tempo non vedesse Gesù. Rispose a stento: “L’ho veduto questa mattina quando ho fatto la Comunione”. Era il primo venerdì del mese, e fu la sua ultima Comunione».
“La sua esistenza, così semplice e al tempo stesso così importante, dimostra che la santità è per tutte le età: per i bambini e per i giovani, per gli adulti e per gli anziani. Ogni stagione della nostra esistenza può essere buona per decidersi ad amare sul serio Gesù e per seguirlo fedelmente. In pochi anni, Nennolina ha raggiunto la vetta della perfezione cristiana che tutti siamo chiamati a scalare, ha percorso velocemente la “superstrada” che conduce a Gesù” (Benedetto XVI, Discorso ai ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica Italiana, 20 dicembre 2007)